Il mondo di Miguel Angel Giglio è un mondo di piccoli oggetti. Meglio ancora, di residui di oggetti, che sono stati dimenticati, spiegazzati, logorati dalla vita. È un mondo di materia post-umana, che ha smarrito la propria identità e funzione.
Il compito che il pittore si è dato è quello di osservare, comprendere, compatire.
È un compito etico e taumaturgico.
Egli sente la fatica dell’esistere, la frustrazione della marginalità, e a questa materia sofferente dedica inesauribile attenzione e cura paziente: sguardo dopo sguardo, pennellata dopo pennellata, la mano, guidata dal senso dell’animo, tenacemente dà a questi brandelli – tessuti spiegazzati, fili, reti, vecchi chiodi – un corpo incorruttibile, i cui riflessi risplendono nel buio. Così dall’ombra della storia nasce la dignità.
Franco D’intino
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